A oltre un mese e mezzo dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Transizione 5.0 l’allarme del settore per l’impatto dei ritardi nei decreti attuativi è unanime.


Mentre Innovation Post dà conto del dibattito in commissione che pone un tetto per sistemi fotovoltaici, scrive il Sole 24 Ore di un calo degli ordini assolutamente anomalo per i macchinari industriali e StartMag punta il dito sulle possibili difficoltà connesse alla spesa dei 6,4 miliardi di euro previsti determinate dall’eccesso di burocrazia.

Di fatto il credito d’imposta previsto dal Decreto Legge 19 del 2 marzo 2024 che prevede l’introduzione del piano Transizione 5.0 che arriva fino al 45%, su acquisti di beni materiali e immateriali che introducano controllo digitale e risparmio energetico nelle filiere produttive italiane, sono troppo più allettanti rispetto a quelli di Industria 4.0 che si fermano al 20%.
Il calo negli ordini nel mercato interno è nell’ordine del 20%: la discesa delle commesse è in realtà analoga per mercato interno ed export, con una differenza rilevante tuttavia: ponendo pari a 100 il livello medio del 2021, l’Italia si trova ora ad un livello quasi dimezzato (55), mentre i mercati di esportazione sono sotto quella media solo del 10%. Un primo trimestre così debole, nella storia recente della domanda nazionale si trova solo nel periodo Covid, l’avvio del 2020.

Hanno evidentemente poca presa le parole del Ministro Adolfo Urso: anche se Transizione 5.0 sarà pienamente operativa con il rilascio di una piattaforma ad hoc ai primi di maggio, «le imprese devono sapere che anche gli investimenti realizzati dal primo gennaio e che sono in linea con gli obiettivi di Transizione 5.0 potranno accedere ai crediti fiscali previsti dalla legge»

Con ogni evidenza le necessità di certificazione ex ante ed ex post che arriva dopo il disastro degli incentivi del SuperBonus, mette le aziende nella condizione di dover prima avere certezze sui criteri di eleggibilità prima di decidere gli investimenti.

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